Gabinetto Fotografico Nazionale
Fotografare il paesaggio e i beni culturali: fu questo uno dei primi utilizzi della fotografia.
A pochi anni dalla sua invenzione (1839), la documentazione fotografica del paesaggio e dei monumenti fu una pratica messa in atto da molti Paesi, dall’Europa agli Stati Uniti, che intravidero nell’uso del nuovo “mezzo” una possibilità straordinaria di mappare il territorio con fini di ricognizione, tutela e catalogazione, attivando a tale scopo una serie di campagne fotografiche ritenute ancora oggi fondamentali.
Anche in Italia fu adottato questo approccio e, nel 1895, venne istituito un Gabinetto Fotografico proprio con l’intento di documentare lo smisurato patrimonio storico, artistico e paesaggistico del Paese da poco unificato. Da allora il Gabinetto Fotografico non ha mai interrotto la sua attività e, attraversando diverse vicende storiche e molteplici riassetti istituzionali, è confluito nel 1975 nell’attuale ICCD, di cui costituisce appunto uno dei nuclei principali. Approfondisci la storia del Gabinetto Fotografico Nazionale.
Il nucleo fondante delle collezioni è dunque costituito dall’ Archivio del Gabinetto Fotografico, risultato dell’attività del laboratorio: circa 320.000 fototipi (tra negativi e positivi) frutto delle campagne di documentazione sul patrimonio culturale, realizzate dai fotografi “interni” a partire dal 1895 (e mai interrotte fino a oggi) con fini di catalogazione e tutela.
Nel corso degli anni le raccolte del Gabinetto Fotografico sono state incrementate grazie a una lungimirante politica di acquisizioni che ha assicurato allo Stato prestigiose collezioni o fondi che si caratterizzano per l’impostazione o il gusto del collezionista che le ha composte o del fotografo che le ha prodotte, e che da questi prendono la denominazione: Collezione Piero Becchetti, Collezione Carlo Beccarini, Fondo Henri Le Lieure, Fondo Nunes Vais, Fondo Chigi e molti altri.
Negli anni ’70 un altro nucleo consistente è confluito nel Gabinetto Fotografico: il Fondo Antichità e Belle Arti (MPI). Generato a partire dal 1870 dall’attività istituzionale di tutela, esso costituiva l’archivio fotografico della Direzione generale antichità e belle arti del Ministero della Pubblica Istruzione, confluito in ICCD, quando le funzioni di tutela sono passate al Ministero dei Beni Culturali.
L’interazione tra l’archivio storico e la fotografia contemporanea è uno dei cardini della ricerca che l’ICCD sta portando avanti dal 2011 per contribuire al dibattito, più che mai attuale, su significato, usi e lettura delle raccolte fotografiche nella contemporaneità.
Accanto alle raccolte fotografiche è cresciuta negli anni una notevolissima collezione di strumenti fotografici, che consente di ripercorrere l’evoluzione tecnica del mezzo dalle prime ingombranti e affascinanti “camere” ottocentesche alla piccola e maneggevole Leica degli anni ‘20-’30 che rivoluzionò il modo di fare fotografia. Con i suoi più di 1400 pezzi il museo è tra le più notevoli raccolte del genere esistenti in Italia.